martedì 4 giugno 2013

Milan, chi vince e chi perde

Tante, troppe settimane per incrociare il punto di partenza. Tanti, troppi giorni per genuflettersi di fronte alla realtà di un contratto. Che, talvolta, anche in Italia occorre rispettare. Tante, troppe pagine di giornali, minuti di televisione pubblica e privata e conversazioni sprecati: per poi abituarsi, tutti, ad una decisione datata nel tempo. Minacciata, sì, ma anche meravigliosamente inattaccabile dai fatti: che sono, poi, gli ostacoli economici, gli intrighi di Palazzo e il buon senso che, per una volta, la piazza - tradizionalmente umorale, puntualmente forcaiola - riesce a riesumare e ad utilizzare. Anche in questo caso, però, non c'è la notizia. Perchè la conferma di Allegri sulla panchina del Milan notizia non è. Il trainer livornese resta dov'è: come da accordi intercorsi in epoche più o meno remote. E, appunto, sottintesi tra le parole di un contratto. Che Berlusconi, il garnde inquisitore e, si dice, anche il grande sconfitto, deve deglutire con amarezza. Rinviando il discorso con Clarence Seedorf, successore già designato del coach che rimane. Delegittimato, Allegri, da incursioni verbali e manovre chiarissime: eppure, disposto - nonostante la certificata mancanza di feeling con la proprietà - a proseguire il viaggio con il club di via Turati. E a rinunciare alle proposte pressanti della Roma. E sì, perchè l'allenatore toscano fermo non sarebbe rimasto, comunque. Gratificato, oltre tutto, dalla robusta buona uscita che il Milan non ha saputo (o voluto) garantirgli. Perde Berlusconi, vince Allegri: dopo una prima analisi dei fatti, sembra davvero così. Non ci giureremmo, comunque: intanto, perchè il patron ottiene in cambio, come una nota ufficiale fa trasparentemente affiorare, una condivisione di vedute tra la panchina e la prima scrivania. Una specie di collaborazione complicata e, forse, anche pericolosa: diciamo pure così. Allegri, poi, dovrà necessariamente accontentarsi di quanto il mercato consentirà alla società: prendere o lasciare. E poi sa benissimo che, da qui in poi, niente gli sarà perdonato. Il quadro, adesso, è più nitido. Berlusconi perde qualcosa, Allegri non vince. Qualcosa, per dirla tutta, concede pure la dinastia del presidente: convinta com'era di liberarsi della presenza scomoda di Galliani, tutor máximo di Allegri. Passando la linea paterna, Barbara Berlusconi avrebbe oggettivamente obbligato l'amministratore delegato a sgonfiarsi. Ed è proprio il capolavoro tattico e diplomatico di Galliani a scolpire questa storia. E' proprio questo Richelieu dei giorni nostri a ritagliarsi un successo rumoroso e totale. Spartendosi i meriti con le curve del Meazza e la squadra, sponsor di seconda fascia dell'allenatore. Utili nella corsa all'obiettivo: ma assolutamente impotenti, anche abbastanza presto, se la stagione milanista dovesse partir male. O non troppo brillantemente. Perchè il consenso popolare è etereo e vago. E perchè una squadra non si cambia, così all'improvviso. Però un allenatore, prigioniero di un contratto e di qualche clausola non scritta (ma ampiamente pubblicizzata), sì.

lunedì 3 giugno 2013

Gattuso, personalità e sana incoscienza

Gennaro Gattuso è un combattente abituato alla battaglia, votato alla sfida. E la sua nuova sfida si chiama panchina. Ci ha già provato al Sion, in Svizzera, ancora con la mansione ufficiale di leader sul campo, di giocatore di lotta e prestigio. Ma l'Italia è un'altra dimensione. E le panchine della penisola pretendono e scottano di più: malgrado l'esperienza al di là del confine sia maturata al fianco di un presidente volubile e scomodo. Partire dalla serie B è l'ideale: gavetta pregiata, distanze minime dal pallone che conta davvero. Certo, però, che Palermo, nell'universo della seconda serie, è un'altra cosa. Per il passato (quello recente, soprattutto) del club e per le esigenze di una piazza importante (la quinta realtà italiana, ricordiamolo), ancorchè delusa dagli ultimi eventi. E, innanzi ad ogni altro discorso, per la vorace inquietudine del suo patron Zamparini, il nemico numero uno di chi si siede sulla panca. Traduzione: ci vuole coraggio. Cioè: cominciare così, nella casa delle incognite, è una sfida dentro la sfida. Uno spreco supplementare di energie psichiche e nervose. Ma. in certe situazioni, serve anche personalità: che a Gattuso non manca. E un po' di sana incoscienza, anche. Quella che, forse, spinge un  allenatore che deve scalare il suo primo vero incarico di caudillo. E che, proprio per questa strana condizione, non possiede ancora nulla da perdere, sul piano dell'immagine. Una qualità che, di contro, sembra convincere anche Zamparini. Trovatosi, immaginiamo, di fronte ad un altro problema: convincere qualcun altro ad accettare la proposta. Perchè di tecnici lanciati verso una stagione di interrogativi se ne trovano sempre meno.