sabato 30 novembre 2013

La giovane rampante e l'antico Richieleu


Lei è giovane, bella, rampante, aggressiva. Erede designata di un impero calcisticamente robusto. Si chiama Barbara. E, di cognome, fa Berlusconi: un marchio di fabbrica. Lui è l’antico Richieleu del pallone italiano, uomo di lotta e di governo, di rustica passione e sottile managerialità. Si chiama Adriano Galliani, plenipotenziario del club più titolato, in Europa. Più del Real, come confermano le statistiche ufficiali. Immagine e sostanza della società: tra storia e futuro. Lei spinge, sgomita, si arrampica, guadagna spazio, accusa e sentenzia. Certe logiche sono sorpassate. Determinate amicizie non convincono. Alcune strategie vanno aggiornate. E così via. Lui, galantuomo vecchia specie (certifica persino José Mourinho, avversario epocale), incassa, assorbe, deglutisce. E assiste con aplomb: prima di decidere. Prima di pubblicizzare il prossimo (e apparentemente scontato) disimpegno. Con una dichiarazione rilanciata immediatamente da ogni agenzia di stampa, da qualsiasi sito web, da tutta la stampa nazionale e internazionale. Salvaguardando, magari, la serena quotidianità del Milan e della squadra: che, a breve, si giocherà la qualificazione alla seconda fase di Champion’s. In attesa di un risveglio, seppur graduale, in campionato. La guerra è generazionale: il nuovo che avanza, il vecchio che resiste. Ma non solo: è anche una battaglia più terrena, che si evolve tra mancate empatie, negli spazi ristretti che non ammettono più di un unico sovrano. Lei delegittima il governatore di quasi trent’anni di calcio. Lui capisce che è il momento di lasciare. Con classe, va riconosciuto. Con garbo. Senza strattonare. Ma il padrone del battello, tra i mari burrascosi della sua vita politica e privata, non può cancellare la storia, come se niente stesse accadendo. Silvio Berlusconi rompe il silenzio e, proprio al novantesimo, come quasi sempre succede, interviene. Solidificando, se mai ce ne fosse bisogno, le referenze del suo amministratore delegato, amico di sempre e compagno di avventura consumato. E’ tutto a posto, nel Milan non esistono correnti, non c’è spazio per la discordia. Tutto a posto, Galliani ha scherzato. Non ci saranno dimissioni: né dopo il match di Coppa con l’Ajax, né mai. Il Richelieu di casa nostra rimane. E governerà ancora a lungo. Con Barbara, Silvio troverà una soluzione. L’immagine è salva. E pure la sostanza. Anche se Galliani, in fondo, aveva capito il problema, accettato la realtà: il rinnovamento, molte volte, è necessario. Purché suffragato dalla forma: tradita nei fatti. Quella forma a cui non rinuncia, piuttosto, il padrone del Milan. Senza badare troppo, magari, all’essenza del problema. Che resta. Barbara da una parte, Adriano dall’altra. E, in mezzo, una frattura profonda.

lunedì 25 novembre 2013

L'urgenza che cancella la boutade


Avevamo dribblato i fatti di Salerno, bypassato la tragicomica nocerina nel derby mai sbocciato dell’Arechi. Volutamente. Primo, perché ha gareggiato chiunque, nella palestra dei commenti. E, tante volte, una voce in più non serve. Secondo, perché la retorica facile non ci coinvolge. Terzo, perché spigolare tra le debolezze del sistema, l’inutilità di certi provvedimenti di palazzo, le contraddizioni delle norme e delle regole, l’inefficacia di certe misure preventive, lo strapotere di alcune frange del tifo italiano e i conflitti di tanti interessi significa sprecare troppe parole, senza peraltro giungere ad alcun obiettivo. Quarto, perché troppi particolari hanno finito per traghettare una buona fetta dell’opinione pubblica verso soluzioni semplicistiche. Tempo dopo, però, di una cosa siamo ormai sicuri: qualcosa di grave è accaduto. Prima, durante e dopo quella partita che la Nocerina ha rinunciato a giocare, sulla spinta delle minacce della propria tifoseria: ancora da provare, ma evidentemente concrete. Prima, durante e dopo quei fotogrammi senza logica (perché, a quel punto, giocare? Sì, è vero, conosciamo la risposta, problemi di ordine pubblico, ma non ci convince). Mentre cominciano a delinearsi le posizioni, i punti di vista e le responsabilità. E anche le linee di difesa. L’ultima, in ordine di tempo, è quella della Nocerina, ormai seriamente preoccupata di dover di pagare duramente, anche con l’esclusione dal campionato e dalla prossima serie C unica (anche il rinvio del match successivo a quello di Salerno, in programma ieri con il Lecce, seppur immotivato nella sostanza, qualcosa lascia pensare). Sì, dice il direttore generale Pavarese, le minacce degli ultras ci sono state, tutti sapevano, anche la Questura: la confessione ai microfoni di Rai Sport. Se è vero, perché non dirlo. Se non é, invece, davvero così, perché non tentare anche questa strada per parare il verdetto che si sta abbattendo. Ma Pavarese, se qualcosa abbiamo capito, questa volta non mente. Mentiva sciattamente e ingenuamente, magari, proprio il giorno del derby, quando avrebbe voluto farci credere a cinque infortuni reali, nello spazio di pochi minuti. E all’esigenza di dover consumare tre cambi dopo pochi secondi di gioco. Chissà se, almeno oggi, avrà realizzato il basso profilo di certe dichiarazioni affrettate o, peggio, costruite artatamente per farsi beffa dell’intelligenza di ognuno di noi.