lunedì 25 novembre 2013

L'urgenza che cancella la boutade


Avevamo dribblato i fatti di Salerno, bypassato la tragicomica nocerina nel derby mai sbocciato dell’Arechi. Volutamente. Primo, perché ha gareggiato chiunque, nella palestra dei commenti. E, tante volte, una voce in più non serve. Secondo, perché la retorica facile non ci coinvolge. Terzo, perché spigolare tra le debolezze del sistema, l’inutilità di certi provvedimenti di palazzo, le contraddizioni delle norme e delle regole, l’inefficacia di certe misure preventive, lo strapotere di alcune frange del tifo italiano e i conflitti di tanti interessi significa sprecare troppe parole, senza peraltro giungere ad alcun obiettivo. Quarto, perché troppi particolari hanno finito per traghettare una buona fetta dell’opinione pubblica verso soluzioni semplicistiche. Tempo dopo, però, di una cosa siamo ormai sicuri: qualcosa di grave è accaduto. Prima, durante e dopo quella partita che la Nocerina ha rinunciato a giocare, sulla spinta delle minacce della propria tifoseria: ancora da provare, ma evidentemente concrete. Prima, durante e dopo quei fotogrammi senza logica (perché, a quel punto, giocare? Sì, è vero, conosciamo la risposta, problemi di ordine pubblico, ma non ci convince). Mentre cominciano a delinearsi le posizioni, i punti di vista e le responsabilità. E anche le linee di difesa. L’ultima, in ordine di tempo, è quella della Nocerina, ormai seriamente preoccupata di dover di pagare duramente, anche con l’esclusione dal campionato e dalla prossima serie C unica (anche il rinvio del match successivo a quello di Salerno, in programma ieri con il Lecce, seppur immotivato nella sostanza, qualcosa lascia pensare). Sì, dice il direttore generale Pavarese, le minacce degli ultras ci sono state, tutti sapevano, anche la Questura: la confessione ai microfoni di Rai Sport. Se è vero, perché non dirlo. Se non é, invece, davvero così, perché non tentare anche questa strada per parare il verdetto che si sta abbattendo. Ma Pavarese, se qualcosa abbiamo capito, questa volta non mente. Mentiva sciattamente e ingenuamente, magari, proprio il giorno del derby, quando avrebbe voluto farci credere a cinque infortuni reali, nello spazio di pochi minuti. E all’esigenza di dover consumare tre cambi dopo pochi secondi di gioco. Chissà se, almeno oggi, avrà realizzato il basso profilo di certe dichiarazioni affrettate o, peggio, costruite artatamente per farsi beffa dell’intelligenza di ognuno di noi.