Dicevamo: le parole sono
pesanti. E vanno usate con intelligenza. E serietà. Altrimenti, meglio lasciarle
ad altri. Parlare (e pensare) male non è come scrivere colpevolmente, ma il
problema rimane ugualmente. Anche se le sillabe, più o meno infelici, scivolano
– quasi inosservate – in uno stadio. O all’interno di una tribuna stampa. Dove
sarebbe normale attendersi una migliore qualità intellettuale, se non altro.
Non solo di questi tempi, in cui continuiamo a discutere troppo spesso di
razzismo e di territorialità: ma sempre. Il dottor Baldassarre è un medico
assai conosciuto nella sua città, Foggia. Si è occupato di antidoping, per
anni. E, da anni, coltiva un’occupazione parallela: scrive. E, in alcuni
salotti televisivi, commenta. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco pubblicisti.
E, ovviamente, del Foggia è sostenitore appassionato. Possiede, come tanti,
precise idee politiche: diciamo pure di tenore decisamente nostalgico. Che non
ha mai nascosto, peraltro. Baldassarre, però, durante il minuto di silenzio
osservato in tutti i campi italiani, in memoria dei migranti annegati nelle
acque tra Lampedusa e l’Africa, non più di due domeniche addietro, ha
oggettivamente sprecato un’insostituibile occasione per tacere. Una frase di
cattivo gusto, ecco. Un po’ grossolana, becera. Ed anche retorica.
Diseducativa, se vogliamo. Prontamente riportata da chi c’era, duramente
censurata dall’Ordine stesso e, infine, sanzionata con un daspo. Cinque anni, in tutto: esattamente il tempo in cui
Baldassarre dovrà disertare gli stadi e frequentare la questura per la firma di
prassi. Condanna esemplare, come hanno detto e scritto. Eppure, per quel che ci
riguarda, anche esagerata. D’accordo, le parole pesano. E uccidono quasi quanto
le armi. Ma cinque anni sono una pena smisurata: soprattutto se comparata al
castigo inflitto – quando avviene – a chi, dentro e fuori del campo, nell’anonimato
di una curva o di una strada, commette qualcosa di molto peggio. A chi,
tuttavia, possiede un volto conosciuto o riconoscibile e, molto spesso, lascia
una firma indelebile, impunemente. Pretenderemmo, a questo punto, retate
settimanali: in ogni angolo d’Italia. E pene automatiche. Ma sappiamo che non
avverrà: Questo è il Paese di sempre: forte con i deboli e debole con i forti.