Frizioni,
rivalità e male parole. Cose da derby. Da partite speciali. Nella metropoli,
come in provincia. Eppure, ci sono partite più speciali di altre. In cui si
alza lo steccato dell’intolleranza. Benevento e Nocerina viaggiano divise da
profonde inimicizie: sugli spalti, ovviamente. E Felice Evacuo è l’artigliere
principale dei sanniti: uno che, in categoria (la terza serie) può scavare la
differenza. Uno che, anche, possiede mercato: e che, in più occasioni, si è
ritrovato a cambiare casacca. Pure nel corso dell’ultima estate: ritornando da
un’avventura di sette mesi consumata proprio a Nocera. Bene: Evacuo segna (ma
il direttore di gara annulla) e non esulta: ormai è consuetudine. Che
fatichiamo a condividere. E, sin qui, tutto bene: anche se, in curva, qualcuno
potrebbe persino non aver gradito, chissà. Il Benevento, però, si impone
ugualmente, alla fine. Ma, proprio alla fine del derby, accade quello che non
dovrebbe accadere: l’attaccante, con tutta la squadra, saluta il proprio
pubblico e, prima di rientrare negli spogliatoi, si permette di omaggiare con
un applauso anche la sua ex tifoseria che lo chiama. Tutto normale. Anzi, no.
La reazione della torcida beneventana è veemente ed esagerata. E si riassume
nell’inopportuno comunicato diffuso immediatamente dopo: «Il signor Felice Evacuo entro stasera deve effettuare
la rescissione del contratto e contestualmente è pregato di lasciare la città.
L'eventualità che Evacuo possa presentarsi alla prossima seduta di allenamento
sarà considerato un affronto alla Curva Sud». Tutto vero, avete letto bene. Cose che accadono,
quando il tifo organizzato si arroga il diritto di determinare i destini di
chiunque e, in fondo, del calcio stesso. Più calibrata, piuttosto, è la
risposta di Oreste Vigorito, presidente del club: «Certi gesti andrebbero presi per quello
che sono: sportività». Sì, sportività. Quella condizione strana che l’italiano
medio, tante volte, ignora e rifugge. Che le curve, ancora troppo spesso,
denigrano e combattono. Che il calcio, giorno dopo giorno, disconosce e
annulla. Lasciandoci un senso di tristezza infinita. E facendoci capire quanto
il pallone assomigli, sempre di più, alla nostra quotidianità. Dove la normalità
è un universo distante, desueto, impraticabile. E l’anormalità è regola.