lunedì 30 settembre 2013

I veleni e il silenzio

E, dal momento che ci siamo, continuiamo. Agli italiani, in fondo, piace così. E anche ai padroni del movimento calcistico nazionale: colpevoli, soprattutto, di non adeguarsi alle novità tecnologiche che, talvolta, potrebbero attutire le frizioni. Forse perché, senza, è più agevole manovrare i destini altrui e radiocomandare il gioco. Sette giorni dopo, un altro episodio di cattiva gestione dell’argomento offside spazza la serie A. Ne soffre, ovviamente, una società solitamente maltrattata da decisioni e atteggiamenti arbitrali (il Torino). E ci guadagna, ovviamente, un club politicamente forte (la Juventus). E’ solo un caso (o forse no) che la partita sia innanzi tutto un derby: uno di quegli avvenimenti che si caricano di tensioni suplettive e che trascinano polemiche infinite, resistenti nel tempo. Ed è una coincidenza che proprio la Juve benifici, nello spazio di soli sette giorni, di un altro aiuto provvidenziale. Provvidenziale nell’immediato (il match è tirato, il Toro si cautela tenacemente, la formazione di Conte zoppica e il risultato non si sblocca) e in prospettiva futura (logica alla mano, se i bianconeri oggi stentano e vincono ugualmente, quando recupereranno il proprio passo dovrebbero scavare una distanza incolmabile dagli avversari). Provvidenziale, certo. Ma anche pericoloso: per il calcio, in generale. Perché, è inutile fingere di ignorarlo, anche e soprattutto questi particolari derubano il campionato della sua regolarità e il calcio della sua attendibilità. Sforzarsi a parlare di buona fede, poi, sarà anche politicamente corretto: ma la gente che vuole capire e pensare comincerà davvero a non crederci più. Sempre che ci creda ancora.  Anche questa volta, però, la radiografia del misfatto ci interessa poco. Chi ha visto le immagini, sa. E chi vuole accontentarsi gode. Infastidiscono di più, semmai, le repliche e le controrepliche del club che si è avvantaggiato della nuova (ennesima) situazione. Commenti, post e tweet ufficiali, alcuni persino grossolani (certe dichiarazioni del tecnico, ad esempio, ci sembrano tatticamente anche appropriate, ma eticamente inopportune): c’è di tutto. D’accordo: difendersi è prassi normale, in ambito dialettico. E il confronto è la base della democrazia. Ci sono momenti in cui, però, il silenzio semplifica le cose e riduce gli attriti. Il silenzio: non tanto come ammissione di colpa. Ma come gesto di distensione. Qualcuno non capirebbe ugualmente, però qualcun altro gradirebbe, magari. I veleni, almeno, rimarrebbero tutti da una parte: dalla parte degli sconfitti. Giustamente o ingiustamente, non importa: ma piegati da un’ingiusta valutazione arbitrale. E, invece, i veleni circoleranno per un po’ anche dall’altra parte della barricata, quella premiata da un episodio chiarissimo. Senza evaporare. Anzi, trasformandosi chimicamente in spocchia.