venerdì 2 agosto 2013

Calcio, affari e l'incertezza delle regole

Blatter spinge, l'International Board si adegua, la norma cambia. Il potere del presidente, monarca assoluto del pallone che ancora riesce a sopravvivere a se stesso, si estende. E si riduce quello dell'unico organo calcistico autenticamente indipendente, almeno sino a pochi anni fa. Da questa stagione, la regola del fuorigioco, concetto di mille battaglie verbali, si completa e si complica. L'offside, del resto, è quel buco nero che inghiotte tutto e tutti: anche la storia e la tradizione. Il pallone si evolve: succede, quando conviene a chi può. E qualunque cosa è possibile, nel nome del progresso. E del business. La new economy del calcio vuole un gioco più facile: che, proprio per questo, diventa sempre più difficile. Un gioco che, oggi più di ieri, sappia ingolosire chi muove i fili. E, dunque, chi ne trae profitti. La norma, in sostanza, si piega alle logiche della convenienza e si abbruttisce. Orami è deciso: dalla stagione agonistica appena partita, quando un giocatore si dirige verso la palla, andrà considerata anche la distanza e la possibile interferenza dell'attaccante nei confronti del difensore. Materia buona per alzare il quoziente di discrezionalità del direttore di gara: esattamente quello di cui faremmo volentieri a meno. Dunque, per ingigantire il peso dele polemiche, delle accuse e degli abusi. E per alimentare il livello di acidità dei nostri campionati, ovviamente. L'equazione è semplice: meno vincoli regolamentari, più occasioni da gol, più spettacolo. Sarà. Persino Nicchi sembra aver bocciato l'idea. Alla quale, lui per primo, dovrà adeguarsi. L'allenatore degli arbitri italiani prevede nuovi bordellacci infami: e fa bene a temerli. Tornare indietro, però, non si può: è già tutto deciso. Seguendo un disegno chiaro: difettando la certezza della pena (o, in questo caso, del regolamento), amministrare il sottobosco e dirigere il traffico in bilico tra il lecito e l'illecito è più facile. Nel pallone come nella quotidianità di tutti noi. E chi ci governa lo sa bene.