mercoledì 29 agosto 2012

La dignità di chiamarsi fuori, se serve

Uno a uno, come all'andata. E poi i supplementari. E i calci di rigore, che dicono male. L'Udinese è fuori dalla Champion's, ancora prima di cominciarla. Passa il Braga, scoprendo l'idiosincrasia dei friulani a navigare nella competizione. Mastro Francesco Guidolin ci resta molto male, assumendosi  responsabilità che sono tutte sue. O, forse, no. Però il tecnico ci mette, per usare una fotografia usurata, la faccia. Il proprio nome. Un'altra volta. Rimettendosi in gioco: minacciando (a se stesso, più che alla proprietà, pronta a confortarlo e sostenerlo) un periodo di meditazione. Che, tradotto, potrebbe sembrare parente assai prossimo di un autocongelamento, quindi di dimissioni. Più o meno revocabili, come prassi impone. Non è scena da teatro, però: il personaggio, sotto questo angolo di osservazione, è cristallino. O, se non vi piace il termine, credibile. Parla la sua storia di tecnico un po' nordico: negli atteggiamenti, prima che nella carta d'identità. E il suo modo di vivere il calcio, senza barare: neppure sui sentimenti. A costo di rinunciare all'ingaggio, se necessario (ipotesi che, peraltro, non si concretizzerà). Ma arroccandosi sulla dignità personale. Chi vuole, può prendere appunti. E imparare qualcosa. Anche al di fuori del pallone.