lunedì 4 marzo 2013

Il futebol e il ritardo della Rai

La televisione generalista si affaccia sul Brasile. E fa di tutto perché si sappia. Qualsiasi trasmissione sportiva, dal lunedì alla domenica, lo ripete puntualmente e immancabilmente, da giorni: Rai Sport ospiterà il calcio brasiliano, del quale ha acquistato i diritti. Anzi, ha già cominciato: con le dirette di un paio di match per settimana. Omettendo però di precisare, sin quando è stato possibile, che il campionato Paulista non è quello nazionale, ad esempio. Ma solo un torneo statale: che noi potremmo tradurre con l'etichetta di regionale. Il primo appuntamento offerto (Linense-Ponte Preta) altro non è, per intenderci, che l'incrocio tra una società di terza serie e una di quella che, al di là dell'oceano, chiamano Segundona. Come se, in Italia, offrissero la diretta di Carpi-Modena. O di Avellino-Juve Stabia. Giusto per capirci. L'approccio al campionato vero e proprio, ovvero il Brasileirao, avverrà più tardi: per il semplice fatto che la kermesse non è ancora cominciata (se ne parla tra tre mesi). Il punto, tuttavia, non è questo. Disarma un po', piuttosto, sapere che la Rai scelga di avvicinarsi al calcio brasiliano, considerato ancora quello tecnicamente più evoluto del pianeta, ma solo sulla scia dei luoghi comuni, proprio nel momento storico peggiore. Non è un mistero che il pallone verdeoro stia ultimamente battagliando contro la scomparsa di talenti (mai così pochi, in un Paese dalle sorgenti credute inesauribili), contro una subdola crisi di gioco (le formazioni brasiliane, anche quelle più titolate, si esprimono mediamente male, anche per la cattiva abitudine di preferire la quantità e la sostanza, a dispetto della forma: incredibile, ma vero), contro la progressiva spersonalizzazione del gioco (lo ammette la stessa critica brasiliana e commentatori di prestigio come Tostão), contro il processo dell'eccessiva europeizzazione dei moduli. E se il futebol, ormai colonizzato da mediani che corrono e azzannano, si sta industriando a riportare dentro i confini nazionali antichi simboli come Ronaldinho o Pato (e anche Robinho potrebbe rientrare alla base), preoccupandosi di acquisire le prestazioni di vecchie conoscenze come Seedorf, un motivo ci sarà pure. Gli operatori di mercato europei, del resto, si sono accorti delle realtà da tempo. Ripiegando su altre aree del Sudamerica: la Colombia, ad esempio. Oppure il Cile. Oltre che l'Argentina, ovviamente. Solo la Rai sembra non saperlo. O non averlo capito. L'operazione commerciale, qualche anno addietro, si sarebbe rivelata intelligente. E vincente. Ma arriva con qualche anno di ritardo. Di colpevole ritardo.