martedì 23 ottobre 2012

Storie di cattivo giornalismo

Il calcio c'entra, ma è solo il pretesto. Oppure, semplicemente, è la chiave d'accesso ad una storia di pubblico squallore. Questa, ecco, è una storia di giornalismo, prima di tutto. Di cattivo giornalismo. Il servizio delle sede Rai piemontese prima del match più atteso dall'Italia del pallone (l'ormai viceleader Napoli che va a visitare la capolista Juve) è aria fritta spacciata per nota di colore, tifo spicciolo e dozzinale sdoganato per folklore, cattivo gusto utilizzato per riempire il palinsesto. Ma, anche e soprattutto, una sequenza di luoghi comuni un po' volgari, un capolavoro di contenuti di bassa macellazione (il tifo, si sa, non bada a spese). Oppurtunamente selezionati - è questo il primo errore- e incartati da un giornalista (omettiamo il nome: non è questo il punto e questo non è neppure un processo) che, invece di censurare, ci mette del proprio per peggiorare il prodotto. Che, una volta deflagrato il caso, prova a rifugiarsi nel salvacondotto della fretta, senza convincere nessuno. E vantando persino la paternità di un'ironia che vorrebbe distruggere ogni istinto di razzismo. Inutile scendere nei particolari: di questa storia oscena si parla ormai ovunque, anche tra gli scanni del Parlamento. E molti avranno osservato le immagini e ascoltato tutto: bastano e avanzano. Restano, però, certe frasi e certi atteggiamenti: che andrebbero purgati, molto prima della messa in onda. Se non da chi firma il servizio, almeno da chi dovrebbe sovrintendere. Pazienza. E resta, nell'aria, quella strana atmosfera di pressapochismo, di supponenza, di aridità. Che, per chi fa questo mestiere, è la colpa più grave. Intanto, sta per intervenire l'Ordine dei Giornalisti. Ed è già intervenuta la direzione generale della Rai, che ha doverosamente sanzionato il giornalista. Il quale, magari, ha goduto sin qui di un curriculum assolutamente cristallino. Ma quello che, adesso, ci attendiamo dal servizio pubblico è altro: più qualità all'interno dell'azienda, cioè più attenzione verso la meritocrazia. Quella che la Rai non sempre ha perseguito, incoraggiato e protetto. Chiediamo troppo?