martedì 21 gennaio 2014

Thohir, lezione numero uno


Rafforzarsi o ripianare. Guardare avanti, oppure tutelarsi. Evolversi o galleggiare. Spegnere la sete d’ambizione, oppure scontrarsi con la storia. L’Internazionale di Milano naviga tra il recente passato, troppo ingombrante, e il prossimo futuro, che già assomiglia a certi angoli bui frequentati per decenni, prima di tornare a vincere tutto. Moratti non c’è più. Non in prima linea, almeno. Ma c’è Thohir, indonesiano senza lo scrupolo della passione, presidente un po’ distante – anche geograficamente – che sgorga da una cultura diversa e da differenti esperienze di vita e d’affari. Vendere, prima di acquistare: è questa la strategia. Mai accaduto, a certi livelli. Dove, chi arriva, deve ritagliarsi il consenso. Vendere. O, al massimo, scambiare. Provando a guadagnarci qualcosa, magari. Il mercato di gennaio, intanto, è pronto a soccorrere il progetto. Emerge, così, l’idea: caricarsi l’ingaggio di Vučinić, che la Juve di Conte non apprezza più come un tempo, liberandosi contemporaneamente di Guarín: uno che, però, all’Inter di Mazzarri continuerebbe a servire. Soprattutto di questi tempi: in cui i risultati sgorgano faticosamente. Solo che, sotto la lente di una prima e sommaria analisi popolare, lo scambio appare tecnicamente sconveniente. Al di là del conguaglio da stabilire. La gente e l’opinione pubblica, cioè, non perdono troppo tempo a valutare la situazione e, immediatamente, bocciano il disegno. Che, in realtà, è assai più che un disegno: Vučinić ha già sostenuto le visite mediche a Milano. E altrettanto, a Torino, ha fatto Guarín. Come dire: è tutto già deciso, stabilito. Ma l’anima interista sobbolle, istigata da certi precedenti: le manovre congiunte con la Juventus, troppe volte, si sono rivelate deludenti, anacronistiche. Una fregatura, ecco. Ci sono ancora sacche di buona memoria, in questo Paese. E la tifoseria riconosce facilmente l’ingenua società di un tempo. La sollevazione mediatica, tuttavia, funziona. E, si dice, Moratti ci mette qualcosa di suo: una telefonata. Thohir, allora, decodifica il disagio e intuisce il pericolo di scollamento dell’ambiente. Planando sulla questione con pessima tempistica, ma con definitiva autorità. Stop, trattativa saltata. Rimane tutto com’è. Branca, se resterà, si regoli diversamente. L’opera di risanamento, chissà, proseguirà ugualmente. O anche no. Però senza il sapore acre dell'adiratissima Juve nel palato. Rafforzarsi o galleggiare: il problema, per il momento, si agita ancora. Ma le prime indicazioni gestionali arrivano dalla base, piaccia o no. Thohir, probabilmente, non se lo sarebbe mai aspettato: ma il calcio delle passioni e del campanile è anche questo. Lezione numero uno.