lunedì 14 gennaio 2013

Amauri e quel gol dimenticato

Amauri Carvalho de Oliveira è un brasiliano senza troppa storia, nel pallone del suo Paese. Un sudamericano snobbato dalla sua Seleção e, anche per questo, italiano per scelta. Quando esigenza e riconoscenza verso la terra che l'ha adottato hanno finito per confluire in un iter burocratico tracciato nel laboratorio degli oriundi. Certo, da allora qualcosa è cambiato: le porte della Nazionale, quella della patria nuova, non si sono più aperte. Colpa di un infortunio, anche abbastanza grave. E di una conseguente involuzione tecnica che ha tranciato il rapporto tra il ragazzo di Carapicuiba e la Juve, smistando il destino dell'artigliere tra Firenze e Parma, dove attualmente gioca. La tifoseria bianconera, infatti, non lo ricorda volentieri. Come i fischi sonori e la disapprovazione popolare emersa al Tardini, ieri, nel corso del match in cui hanno incrociato i tacchetti la formazione emiliana e quella di Conte, dimostra. Roba da curva, nessuna sorpresa. Certe dinamiche del tifo sono ormai ampiamente tollerate e deglutite. Eppure, proprio la Juve, ad Amauri deve non poco. Quel gol del brasiliano, all'epoca vestito con la maglia della Fiorentina, che stese il Milan a San Siro, meno di un anno fa, significò praticamente scudetto. La gente che tifa, però, non se n'è ricordata. Oppure, ha preferito dimenticarlo. Scegliendo la via dell'ostilità diretta, senza filtri. Del resto, questa è un'Italia che dimentica in fretta. E che non si piega troppo volentieri al sentimento di riconoscenza. Così è: e non moriremo per questo. E poi, è chiaro, vanno bene la contestazione civile e il gioco legittimo delle casacche: il pallone, da sempre, è passione da guelfi e ghibellini. Ma la gratitudine, in certi casi, sarebbe un ingombrante dovere.