martedì 29 gennaio 2013

Roma, due anni di lavoro. Persi

Permetteteci di ritornare su Zeman. Che si apprezza per quello che è, per quello che dice e per come lo dice. Oppure non si tessera proprio: bypassando complicazioni eventuali e future. La storia del boemo è lunga. E pure densa di avvenimenti. Solitamente rumorosi. Il suo calcio è, molto spesso, il più apprezzato. Ma anche il più avversato: e ognuno è libero di sposarne i dogmi o di delegittimarlo. Comunque, chi lo ingaggia, in estate, è perfettamente consapevole delle caratteristiche del suo modo di intendere il pallone e delle abitudini del personaggio. Non è tecnico da partenze spinte: anche perchè non è facile deglutirne gli schemi e le modalità di allenamento. Soprattutto se il materiale che i club volutamente e puntualmente gli consegnano va opportunamente valutato, modellato e formato. In cambio dei risultati, chiede tempo. E, se una società è affamata di certezze, è preferibile che si rivolga ad altri: investendo, magari, su uomini già pronti per vincere. Non è, oltre tutto, uomo di facile gestione: e certi attriti vanno messi in conto. Ovvio: la Roma, nello specifico, possiede una propria storia, si nutre di ambizioni che non può ignorare e, soprattutto, è quotata in borsa. Senza contare che anche le migliori intenzioni possono franare sulla crudezza di determinate parole: che Zeman, nel rispetto di se stesso, non ha evitato neppure nella capitale. Ma ci pare di capire che il problema non nasca essenzialmente dalla complicazione di un rapporto tra l'allenatore e la società. Se è vero, come è vero, che il destino del boemo si compierà alla fine di questa settimana. E che dipenderà dal prossimo risultato. Quel risultato che, in fondo, è l'unico vero strumento di giudizio, per chi siede in panchina. Del resto, vale per chiunque: non ci meravigliamo. Eppure, l'eventuale defenestramento di Zeman non ci convincerebbe ugualmente. Innanzi tutto perché la lievitazione di un gruppo fondamentalmente giovane e che punta a solidificarsi gradualmente (erano queste le condizioni o le previsioni) passa attraverso molti momenti di alta e pure di bassa pressione. La classifica, giusto, non è ancora brillantissima e mancano punti: ma ci sembra che le priorità, agli albori della stagione, fossero altre. Una per tutte: il lavoro di prospettiva. Senza contare che, tra un'ingenuità e una cointroindicazione, qualcosa stia lentamente affiorando. Come conferma il rendimento medio di certi elementi su cui puntare in futuro. Cacciare ora Zeman sarebbe sostanzialmente ingiusto. E sarebbe inopportuno liquidarlo anche prima del prossimo campionato: due anni è l'arco di tempo minimo, per un certo tipo di operazione tecnica. Concordata dietro le scrivanie, è meglio ricordarlo. Sollevarlo dall'incarico, infine, per la Roma significherebbe aver tradito un progetto in cui la dirigenza sembrava crederci davvero. E aver disperso un anno di lavoro. Anzi, due.