mercoledì 9 gennaio 2013

Di Canio, ambizioni da cullare

Carismatici, riveriti e ben pagati. Spesso, vincenti. E, talvolta, anche per questo, antipatici. Se non, addirittura, spocchiosi. O esageratamente esigenti: quasi da rischiare il processo per autoritarismo. Perchè, anche se tecnicotattica, sempre dittatura si chiama. Molto spesso, intolleranti: al giudizio, alla critica. Quella che arriva dall'esterno. E pure dall'interno. Quasi sempre infastiditi dal pubblico confronto che prova a scavare e spigolare, saltando gli ostacoli delle analisi preconfezionate. O delle parole comodamente messe in croce per acquietare la curiosità dei meno esigenti. O di quelli che si accontentano del già sentito. Spregiudicati, quando serve: ai bordi del campo e davanti ai microfoni. Comunque, gelosi della propria autonomia. Del proprio recinto. E, ovviamente, del proprio stipendio. Che non è un dettaglio marginale. E che però finisce per ricompensare stress, amarezze, insuccessi, polemiche, pressioni, contestazioni. E, in certi casi, rivolte. Quello stipendio che rifonda dal perenne pericolo di congiure. Ed esoneri. Che, certe volte, para persino le decisioni più drastiche: i costi aggiuntivi sono sempre un deterrente, per i club. Brillanti, ombrosi, istrionici: ogni caudillo possiede il suo marchio di fabbrica. E non fa niente per nasconderlo. Gli allenatori preferiti del gran circo del pallone, però, si espongono sempre. Più dei colleghi meno quotati o meno fortunati: del resto, il potere contrattuale di ciascuno è saldo. Nessuno, tuttavia, deve penare troppo per ottenere vantaggi accessori: prima per tutte, la base qualitativa dell'organico in cui operare. Basta chiedere: qualcosa arriverà, prima o poi. Anche in tempi angiusti come questo. Ma Paolo Di Canio non è ancora un top coach: allena in Inghileterra, a Swindon, ma in quella che è considerata la nostra terza serie. Insegue un obiettivo, che è poi anche il sogno di conquistare la promozione. Solo che la sua società ha limitato i budget di spesa. L'allenatore, comunque, non si è affatto rassegnato. E ha già informato club, tifoseria e stampa che, se necessario, provvederà a sovvenzionare personalmente la prosecuzione progetto. Attingendo dal proprio conto in banca: che, presumibilmente, non è lo stesso di Mourinho. O di Capello. O di Ancelotti e Ferguson. L'ambizione, evidentemente, porta anche a questo. Oppure, l'entusiamo più sano è davvero ancora intatto. L'iniziativa di Di Canio, altrimenti, può essere decodificata come un investimento sul futuro: il proprio. Di certo, però, il tecnico romano si è guadagnato colonne sui giornali, cioè pubblicità. Considerazione tra la sua gente, ovviamente. E, magari, il rinnovo automatico dell'ingaggio. Gente così fa bene ai club: e, tra le scrivanie dello Swindon Town, il particolare non sarà passato inosservato.