domenica 27 gennaio 2013

Il calcio delle ambiguità

Al di là delle rivalità e delle fede di ciascuno: la Juve che si lamenta di una conduzione arbitrale (quella della squadra diretta dal torrese Guida, nello specifico) è una piega del gioco. E, teoricamente, ci sta: i soprusi infastiscono tutti, anche i più e meglio protetti. Anche perché, nel circo del pallone di questo Paese, ogni sollevazione ufficiale è una sorta di foglio di garanzia. E aiuta a calamitarsi addosso futuri favori: chi dice il contrario mente. Sapendo di mentire. Ingiusto, sì: ma normale. Che la Juve, poi, si infuri come è accaduto ieri, immediatamente dopo il novantesimo del match in cui il Genoa le ha strappato un punto sull'erba di casa, questo fa un certo effetto. Sinceramente. Non osiamo immaginare, peraltro, cosa dovrebbero pensare gli avversari diretti (il Napoli ingiustamente punito in Supercoppa, oppure la stessa Inter, così come il Milan, che ancora fatica a digerire il caso-Muntari) e, soprattutto, i club politicamente più deboli, vessati da decenni interi. Ma si vive dei fatti del presente e il passato è un capitolo chiuso: vero. E anche a Torino avranno pure il diritto di ribellarsi, prima o poi. Non regge, però, l'idea (bianconera) di rinfacciare al mondo le frasi spese dagli antogonisti, in tempi diversi e a situazioni invertite. Perchè le stesse parole (di circostanza e di convenienza) nascono ovunque: anche e soprattutto in riva al Po. Basterebbe ricordarsene, quando serve. Su una cosa, però, il direttore generale della Juventus, Marotta, non sbaglia: per un match del genere, la designazione di Guida, un arbitro che arriva da Torre Annunziata, praticamente alle porte di Napoli, cioè la città che spinge la concorrente più pericolosa, è infelice. E, aggiungiamo noi, inopportuna. Perché il sospetto non aiuta a migliorarci. Perché esistono delle logiche, che il settore arbitrale finge di dimenticare. Perché il nostro calcio non è ancora maturo per abituarsi a se stesso. Perché il pallone, in Italia, non ha bisogno di altre iniezioni di diffidenza. Nè di equivoci e di ambiguità: non ce lo possiamo permettere.