martedì 6 novembre 2012

Adriano e il talento sprecato

Dalla favela al grattacielo. Andata e ritorno. Adriano Leite Ribeiro spreca anche le ultime briciole di credibilità sopravvissute sulla pedana del Barra Show, uno dei locali del culto carioca, e nella selva di parole dettate per ufficializzare il disimpegno dal Flamengo, il club che aveva provato a recuperarlo un'altra volta. E anche dal pallone. Almeno per un po'. Sì, perchè il ragazzo è certo del suo futuro, ma poi non troppo. Ora, dice, preferisce divertirsi: legittimamente. Avendo, peraltro, già accumulato quello che serve per galleggiare più che dignitosamente anche nel Brasile che continua a crescere. E frequentare la realtà da cui provene, cioè uno dei grandi alberghi di fango e zinco che popolano le colline di Rio. Ad ogni modo, il sacrificio e l'allenamento sono mentalmente lontani. Quindi, basta con l'erba del campo, con l'incombenza degli orari e l'odore dell'olio canforato. Ma solo per qualche mese, assicura. Il contratto con il club della Gávea è stracciato, risolto. Così come gli altri che lo hanno preceduto. Quelli con la Roma e con il Corinthians, ad esempio. Però, ritenterà a garantirsene un altro, giura: nel duemilatredici. La verità, intanto, è che la sua potenza e il suo fiuto realizzativo sono nell'album dei ricordi. Che, con il pallone, Adriano ha ormai molto poco da spartire, dal punto di vista affettivo. Che, senza voler apparire bacchettoni, il suo nuovo stile di vita non puà essere considerato al servizio dello sport. E che un talento puro è andato sprecato, in pochissimi anni. E molto prima del tempo. Contento lui, tuttavia, contenti tutti. O quasi. Ma l'ultima dichirazione (il rientro sul palcoscenico, l'anno prossimo) è solo l'ultimo inganno. A se stesso, soprattutto. Sempre che, su Adriano, esista ancora qualcuno disposto a crederci: tra un giorno, tra un mese o tra sei.