domenica 4 novembre 2012

L'Inter e la credibilità del pallone

L'Inter finalmente plasmato da Stramaccioni va ringraziato. Perchè la suspence che deve alimentare la disputa del campionato è salva. Perchè la battaglia per il titolo resta ufficialmente aperta, cioè viva. Perchè, se la Juve non fugge verso l'infinito, l'interesse popolare è garantito per un altro po' e, dunque, ci guadagna l'intera comunità calcistica d'Italia. Perchè la competizione serrata, da sempre, fa crescere il movimento del pallone. O, almeno, non appiattisce e non impoverisce lo spessore del torneo più blasonato di casa nostra. Ma l'Inter che insegue, agguanta e supera i bianconeri in casa loro e che, soprattutto, reagisce sul campo e con fatti concreti alle ingiustizie (c'è un altro episodio che premia ingiustamente la Juve, appena sette giorni dopo i fatti di Catania) va, forse, addirittura venerato. Perchè la sua rimonta annacqua altre polemiche feroci e galoppanti, ormai sull'uscio. Perchè protegge (meglio di qualsiasi difesa d'ufficio) la categoria arbitrale da un nuovo temporale, ormai difficile da controllare. Perchè libera da ogni imbarazzo la stessa Juventus, tradizionalmente costretta a convivere con certi pregiudizi guadagnati in passato. Alleggerendola, oltre tutto, della responsabilità di un'imbattibilità da preservare. E perchè, piaccia oppure no, puntella un po' la credibilità del pallone, a queste latitudini. Quella stessa credibilità che neppure il designatore si preoccupa di irrobustire. Riservando, per un match ad altissimo rischio, il nome e il cognome di un direttore di gara ormai compromesso - a torto o a ragione, non importa - con la storia. Personaggio serissimo, senza dubbio alcuno: ma anche condannato ad allargare l'alone del sospetto, cioè uno dei caposaldi della Repubblica.